lunedì 9 giugno 2008
ADA MUNIEL
L’ESSENZIALITA’ GEOMETRICA DELLA MATERIA
La materia è già opera d’arte in sé, corpo pulsante, sublime capolavoro plasmato da mani arcane e misteriose. Creare arte nell’arte, come in un gioco di matrioske, trasformando la realtà in un’altra realtà, più sottile e imprevedibile, è ambizione seducente e accattivante. Ada Muniel tenta di misurarsi con questa conturbante ambizione, riuscendo a plasmare gli elementi naturali con estrema abilità, e, mescolandoli, ne ribalta il significato consueto per generare sorprendenti alchimie. Le sue opere partono da un percorso pittorico per poi trascenderlo, diventando qualcos’altro. I suoi quadri contengono geometrie essenziali, squarci di rosso vivido e rutilante, piogge di bianco opalescente, cascate di foglie dorate, frantumi di specchi, fili di rame che si avvinghiano alla tela, morbide note di sabbia e terra, il tutto orchestrato magistralmente per suscitare, in chi li osserva, emozioni che toccano le radici dello spirito. L’essenzialità, nel percorso artistico di Ada Muniel, non è negazione, non è assenza, né desolazione, ma rappresenta l’affermazione di un sentire profondo, dove il simbolo, nella sua eleganza contenuta, diviene l’antitesi della ridondanza e si spoglia del superfluo per far emergere la parte più autentica e ancestrale della nostra anima. I suoi cerchi, dal dinamismo sfavillante, sono l’emblema della perfezione assoluta, il luogo dove inizio e fine si incontrano, perché una fine prelude sempre a un inizio e un inizio consegue sempre a una fine. Ma qui c’è ancora di più: nel cerchio la fine e l’inizio non contengono una dimensione temporale, non esiste consequenzialità; essi, semplicemente, si fondono, divengono la medesima cosa. L’anima non ha tempo, proviene da lontano e va ancora più lontano, in uno spazio rarefatto che si dilata e si restringe perché è un “non spazio”, non definibile e non intelligibile, ma illimitato. Un minuscolo punto infinitesimale può contenere l’universo intero. Qui sta il senso profondo dell’essenzialità. Il resto è clamore.
Nelle tele della Muniel ci si può guardare dentro alla ricerca, oltre che del “quid” essenziale, della sacra Madre Terra, munifica dea che genera, avvolge e abbraccia ogni cosa.
Nelle sue lame affilate di specchi troviamo frammenti di noi, in un gioco ambivalente di disfacimenti ritmici che non simboleggiano mai destrutturazione, poiché la parte contiene il Tutto, come il nucleo di una cellula contiene l'intero patrimonio genetico di un essere vivente. Così il particolare richiama ed evoca l’universale. E noi siamo il luminoso riflesso di ciò che riflettiamo.
Queste opere, dunque, racchiudono un grande potenziale di vitalità e spiritualità, parlano alla nostra essenza senza intermediazione razionale, andando a toccare direttamente il nucleo palpitante della nostra anima.
Chiara Manganelli
L’ESSENZIALITA’ GEOMETRICA DELLA MATERIA
La materia è già opera d’arte in sé, corpo pulsante, sublime capolavoro plasmato da mani arcane e misteriose. Creare arte nell’arte, come in un gioco di matrioske, trasformando la realtà in un’altra realtà, più sottile e imprevedibile, è ambizione seducente e accattivante. Ada Muniel tenta di misurarsi con questa conturbante ambizione, riuscendo a plasmare gli elementi naturali con estrema abilità, e, mescolandoli, ne ribalta il significato consueto per generare sorprendenti alchimie. Le sue opere partono da un percorso pittorico per poi trascenderlo, diventando qualcos’altro. I suoi quadri contengono geometrie essenziali, squarci di rosso vivido e rutilante, piogge di bianco opalescente, cascate di foglie dorate, frantumi di specchi, fili di rame che si avvinghiano alla tela, morbide note di sabbia e terra, il tutto orchestrato magistralmente per suscitare, in chi li osserva, emozioni che toccano le radici dello spirito. L’essenzialità, nel percorso artistico di Ada Muniel, non è negazione, non è assenza, né desolazione, ma rappresenta l’affermazione di un sentire profondo, dove il simbolo, nella sua eleganza contenuta, diviene l’antitesi della ridondanza e si spoglia del superfluo per far emergere la parte più autentica e ancestrale della nostra anima. I suoi cerchi, dal dinamismo sfavillante, sono l’emblema della perfezione assoluta, il luogo dove inizio e fine si incontrano, perché una fine prelude sempre a un inizio e un inizio consegue sempre a una fine. Ma qui c’è ancora di più: nel cerchio la fine e l’inizio non contengono una dimensione temporale, non esiste consequenzialità; essi, semplicemente, si fondono, divengono la medesima cosa. L’anima non ha tempo, proviene da lontano e va ancora più lontano, in uno spazio rarefatto che si dilata e si restringe perché è un “non spazio”, non definibile e non intelligibile, ma illimitato. Un minuscolo punto infinitesimale può contenere l’universo intero. Qui sta il senso profondo dell’essenzialità. Il resto è clamore.
Nelle tele della Muniel ci si può guardare dentro alla ricerca, oltre che del “quid” essenziale, della sacra Madre Terra, munifica dea che genera, avvolge e abbraccia ogni cosa.
Nelle sue lame affilate di specchi troviamo frammenti di noi, in un gioco ambivalente di disfacimenti ritmici che non simboleggiano mai destrutturazione, poiché la parte contiene il Tutto, come il nucleo di una cellula contiene l'intero patrimonio genetico di un essere vivente. Così il particolare richiama ed evoca l’universale. E noi siamo il luminoso riflesso di ciò che riflettiamo.
Queste opere, dunque, racchiudono un grande potenziale di vitalità e spiritualità, parlano alla nostra essenza senza intermediazione razionale, andando a toccare direttamente il nucleo palpitante della nostra anima.
Chiara Manganelli
venerdì 6 giugno 2008
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